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- Anno liturgico
- Preghiamo con la Liturgia delle Ore
- Commento dei Padri, I Padri dellsa Chiesa
- Santi e Beati, calendario Giugno
liturgia

L'anno liturgico è la celebrazione della vita di Gesù distribuita nell'arco di un intero anno.
"l'anno liturgico è composto dal ciclo delle stagioni liturgiche, le quali determinano le feste da osservare, le celebrazioni dei Santi, e i passi delle Sacre scritture da leggersi nelle celebrazioni."
tempo ordinario
che inizia il lunedì dopo la domenica di Pentecoste e termina il sabato che precede la prima domenica di Avvento.
Il “tempo ordinario” è un periodo liturgico un pò particolare: quasi“noioso”, ordinario appunto, molto lungo, quasi un riempitivo tra i periodi più forti dell’anno, come Avvento-Natale o Quaresima-Pasqua.
Il tempo ordinario comunque non è un tempo “di riempimento”. E infatti non lo è. Le trentatrè o trentaquattro settimane del tempo ordinario, divise tra i due tempi forti, “post epifania” e “post pentecoste”, non celebrano nulla di particolare, se non la Pasqua di Cristo nella normalità.
Questo tempo spezza l’idea che l’Anno Liturgico sia un semplice itinerario catechistico, ma rende la celebrazione della Pasqua ogni domenica il centro e il fulcro dell’esperienza cristiana, nell’accogliere l’amore di Cristo che si esprime nella comunità cristiana, dalla creazione fino alla fine dei tempi. Il centro, quindi, rimane il mistero pasquale, che si può evincere chiaramente dai prefazi domenicali.
LITURGIA delle "ORE"
prega con la liturgia

La Liturgia delle Ore nasce dall’esortazione di Gesù a pregare sempre,
La Liturgia delle Ore sancisce un momento di dialogo fra Dio e gli uomini.
La Liturgia delle Ore si compone fondamentalmente della lettura della Parola di Dio e di Salmi diversi a seconda dei giorni e dell’orario.

Tutte queste preghiere comuni, suddivise nell’arco della stessa giornata, furono ordinate e andarono a formare la Liturgia delle Ore o Ufficio divino, una preghiera di lode e supplica della Chiesa con Cristo e a Cristo, arricchita di letture bibliche, cantici e inni.
La riforma di San Benedetto decretò la regola da applicare a questa consuetudine, stabilendo le diverse ore della giornata in cui i monaci dovevano ritrovarsi a pregare insieme, e le modalità.
L’usanza della Liturgia delle Ore si diffuse rapidamente anche al di fuori dei monasteri.
il Concilio Vaticano II ha decretato che, mentre i presbiteri e i vescovi devono praticare la celebrazione della Liturgia delle Ore nella sua forma integrale e i vescovi e i diaconi devono recitare le tre Ore maggiori, anche i fedeli sono tenuti a celebrare ogni giorno almeno le Ore canoniche.

Le preghiere sono previste in diverse ore della giornata, articolata nelle ore canoniche.
Le due ore principali sono:
- le Lodi Mattutine, che si celebrano all’inizio della giornata;
- i Vespri, che si celebrano alla sera, solitamente all’imbrunire o prima di cena.

La prima ora che si recita nella giornata (sia essa l’Ufficio delle Letture o le Lodi Mattutine) è preceduta dalla recita del salmo invitatorio con la sua antifona, che si ripete tra le strofe.
- il Benedictus o Cantico di Zaccaria nelle Lodi;
- il Magnificat o Cantico della Beata Vergine Maria nei Vespri.
* Si apre con un versetto (“O Dio, vieni a salvarmi” – “Signore, vieni presto in mio aiuto”, tratto dal salmo 69), a cui segue il Gloria al Padre.
* Poi un inno, tratto dalle composizioni poetiche di origine ecclesiale.
* Si continua con la recita di tre salmi:
Ogni salmo o parte di salmo è introdotto da un’antifona, che ha la funzione di orientare la preghiera al contenuto del salmo; al termine del salmo, salvo ove diversamente indicato, si recita la dossologia Gloria al Padre. L’antifona si recita di nuovo dopo il Gloria al Padre o comunque alla fine dello stesso salmo.
* Segue una lettura biblica con il suo responsorio.
Nelle LODI e nei VESPRI segue un cantico tratto dal Vangelo:
Le Lodi si concludono con le invocazioni, e i Vespri con le corrispondenti intercessioni, a cui fa seguito il Padre nostro.
Tutte le ore terminano con l’orazione finale.
COMMENTO DEI PADRI DELLA CHIESA

AMBROSIASTER CLEMENTE ALESSANDRINO
DIDIMO IL CIECO DOROTEO DI GAZA
EVAGRIO PONTICO GREGORIO NAZIANZENO
ORIGINE ADAMANTIO SAN BASILIO MAGNO
SAN CIPRIANO DI CARTAGINE SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA
SAN CIRILLO DI GERUSALEMME SAN CROMAZIO DI AQUILEIA
SAN GIOVANNI CRISOSTOMO SAN GIROLAMO
SAN GREGORIO DI NISSA SAN GREGORIO MAGNO
SANT’AGOSTINO DI IPPONA SANT’AMBROGIO
SANT’ANTONIO ABATE SANT’ATANASIO DI ALESSANDRIA SANT’EFREM SANT’EUSEBIO DI CESAREA
SANT’ILARIO DI POITIERS TERTULLIANO

DI IPPONA
Agostino nacque a Tagaste il 13 novembre, 354. Tagaste, oggi Souk-Ahras, a circa 60 miglia da Bona (l’antica Ippona), a quel tempo era una piccola città libera nella Numidia proconsolare. Anche se rispettabile, la sua famiglia non era ricca, e suo padre, Patrizio, uno dei decurioni della città, era ancora pagano. Tuttavia, grazie alle virtù mirabili della moglie Monica, egli venne battezzato e morì di morte santa verso l’anno 371.
Agostino ricevette una educazione cristiana. Sua madre lo arruolò tra i catecumeni. Una volta, molto malato, chiese il battesimo, ma, superato il pericolo, rimandò la ricezione del sacramento, cedendo così ad una deplorevole usanza dei tempi. La sua frequentazione con uomini di preghiera lasciò impresse nella sua anima tre grandi idee: la Provvidenza Divina, un aldilà con punizioni terribili e, soprattutto, Cristo Salvatore.
Ma una grande crisi intellettuale e morale soffocò per un certo tempo tutti questi sentimenti cristiani. Patrizio, orgoglioso del successo di suo figlio nelle scuole di Tagaste e Madaura, decise di mandarlo a Cartagine, per prepararsi ad una carriera forense. Purtroppo, ci vollero vari mesi per raccogliere i mezzi necessari, e Agostino passò il suo sedicesimo anno di età a Tagaste in un ozio che fu fatale per la sua virtù, poiché in quel periodo egli si dette senza riserve ai piaceri terreni. Inizialmente egli pregava, ma senza il sincero desiderio di essere ascoltato, e quando raggiunse Cartagine, verso la fine dell’anno 370, numerose circostanze lo portarono a continuare la sua vita dissoluta: le tante seduzioni della grande città, ancora semi pagana; la licenziosità degli altri studenti; i teatri; l’ebbrezza del suo successo letterario; un desiderio di primeggiare, anche nel male. Dopo poco tempo fu costretto a confessare alla madre Monica che aveva una relazione peccaminosa con la persona che gli diede un figlio – “il figlio del suo peccato”.
A partire dall’età di diciannove anni, Agostino manifestò il genuino desiderio di cambiare vita. Infatti, nel 373, un’inclinazione del tutto nuova si manifestò nella sua vita, indotta dalla lettura di Cicerone. Agostino, che aveva sempre considerato la retorica come una semplice professione, cominciò a comprenderne i principi filosofici.
Purtroppo, la sua fede, così come i suoi costumi, dovevano passare attraverso una crisi terribile. In questo stesso anno, 373, Agostino e il suo amico Onorato caddero nelle insidie del manicheismo. Agostino era affascinato dalla irresponsabilità morale derivante da una dottrina che negava la libertà e attribuiva la commissione del reato a fattori esterni.
Una volta entrato a far parte di quella setta, Agostino si dedicò ad essa con tutto l’ardore del suo carattere. Il suo proselitismo furioso coinvolse anche il suo amico Alipio e Romaniano, il suo mecenate di Tagaste, l’amico di suo padre che si era addossato le spese degli studi di Agostino. All’epoca, egli era ancora studente a Cartagine.
Una volta entrato a far parte di quella setta, Agostino si dedicò ad essa con tutto l’ardore del suo carattere. Il suo proselitismo furioso coinvolse anche il suo amico Alipio e Romaniano, il suo mecenate di Tagaste, l’amico di suo padre che si era addossato le spese degli studi di Agostino. All’epoca, egli era ancora studente a Cartagine.
Conclusi i suoi studi, anziché iniziare la professione forense, preferì dedicarsi alla carriera di letterato, e Possidio ci dice che Agostino tornò a Tagaste ad insegnare grammatica. Il giovane professore affascinava i suoi allievi, uno dei quali, Alipio, appena più giovane di lui, sarebbe stato poi battezzato con lui a Milano, per diventare poi vescovo di Tagaste, sua città natale.
Poco dopo Agostino si recò a Cartagine, dove continuò ad insegnare retorica. Dopo aver preso parte ad una gara poetica, che vinse, il proconsole Vindiciano pubblicamente gli conferì la “corona agonistica”.
Poco dopo Agostino si recò a Cartagine, dove continuò ad insegnare retorica. Dopo aver preso parte ad una gara poetica, che vinse, il proconsole Vindiciano pubblicamente gli conferì la “corona agonistica”.
Fu in questo momento di “ebbrezza” letteraria, quando aveva appena completato il suo primo lavoro sull’estetica (ad oggi irreperibile) che cominciò a ripudiare il manicheismo, che aveva abbracciato per circa nove anni.
Ma la crisi mistica di questa grande anima si risolse solo in Italia, sotto l’influenza di Ambrogio. Nel 383 Agostino, all’età di 29 anni, si recò in Italia ma, appena arrivato a Roma, si ammalò gravemente. In seguito fece domanda per una cattedra vacante a Milano, che ottenne, e fu accolto dal prefetto, Simmaco. Dopo una visita al vescovo Ambrogio, il fascino di quel santo lo indusse a partecipare regolarmente alla sua predicazione.
Tuttavia, prima di abbracciare definitivamente la fede cristiana, nei successivi tre anni Agostino subì il fascino di altre filosofie: la filosofia degli Accademici, in un primo momento, poi la filosofia neo-platonica.
Monica, che si era unita al figlio a Milano, lo voleva indurre a sposarsi con la madre del figlio Adeodato, ma Agostino rifiutò e i due si separarono.
Infine, attraverso la lettura della Sacra Scrittura, la luce divina penetrò nella sua mente. Ben presto egli si rese conto che Gesù Cristo è l’unica via per la verità e la salvezza. Un colloquio con Simpliciano, futuro successore di S. Ambrogio, nel quale questi narrò ad Agostino la storia della conversione del celebre retore neo-platonico, Vittorino (Confessioni VIII.1, VIII.2), spianò la strada al grande colpo di grazia che, all’età di trentatré anni, lo avrebbe colpito nel giardino di Milano (settembre 386). Pochi giorni dopo Agostino, malato, approfittò delle vacanze autunnali per dimettersi dalla sua cattedra, e si recò con Monica, Adeodato, e altri suoi amici a Cassiciaco, la tenuta di campagna di Verecondo, per dedicarsi alla ricerca della vera filosofia che, per lui, era ormai inseparabile dal Cristianesimo.
Agostino acquistò gradualmente familiarità con la dottrina cristiana, e nella sua mente la filosofia platonica si fondeva con i dogmi rivelati. Nella solitudine di Cassiciaco, Agostino realizzò un sogno a lungo accarezzato. Nel suo libro “Contro gli Accademici”, Agostino ha descritto la serenità ideale di questa esistenza, animata solo dalla passione per la verità. Egli completò la formazione dei suoi giovani amici, ora con sessioni di lettura collettiva, ora con conferenze filosofiche alle quali talvolta era invitata anche Monica, e che furono poste a base dell’opera “Dialoghi”.
Licenzio, figlio di Romaniano, nelle sue “Lettere” avrebbe poi ricordato queste deliziose mattine e serate “filosofiche”, in cui Agostino era solito sviluppare una discussione elevata a partire da circostanze comuni. I temi preferiti di Agostino erano la verità (Contro gli Accademici), la vera felicità nella filosofia (Vita felice), l’ordine provvidenziale del mondo e il problema del male e, infine, Dio e l’anima (Soliloqui, Sulla immortalità dell’anima).
Qui si inserisce una questione curiosa proposta dalla critica moderna: Agostino era cristiano mentre scriveva a Cassiciaco i “Dialoghi”? Fino ad poco tempo fa, nessuno storico ne aveva dubitato, poiché, basandosi sulle “Confessioni”, tutti ritenevano che il ritiro di Agostino avesse il duplice scopo di migliorare la sua salute e prepararlo al battesimo. Tuttavia, alcuni critici sostengono oggi di aver scoperto una radicale opposizione tra il filosofico “Dialoghi”, composto in questo ritiro, e lo stato d’animo descritto nelle “Confessioni”.
Ma questa interpretazione dei “Dialoghi” non resiste alla prova dei fatti. E’ accertato che Agostino ricevette il battesimo nella Pasqua dell’anno 387, e sembra inverosimile attribuire ad una invenzione successiva la scena nel giardino di Milano, la lettura di San Paolo, la conversione di Vittorino, l’estasi di Agostino nella lettura dei Salmi. Per concludere, è sufficiente leggere i Dialoghi per rendersi conto di come essi contengano tutta la storia della formazione cristiana di Agostino. Già nel 386, la prima opera scritta a Cassiciaco ci rivela il grande motivo di fondo delle sue ricerche. L’oggetto della sua filosofia è la ricerca di una autorità a sostegno della ragione, che lui riscontra nell’“autorità di Cristo”.
Sebbene sia innegabile per chiunque abbia letto le opere di S. Agostino negare l’esistenza di una influenza del neo-platonismo nella mente del grande Dottore della Chiesa, tuttavia essa non lo spinse mai a sacrificare il Vangelo a favore di Platone.
Egli ha altresì sconfessato un buon numero di teorie neo-platonica che lo avevano in un primo momento tratto in inganno: egli aveva sempre rimproverato i platonici, come dice molto bene Schaff (Sant’Agostino, New York, 1886, p. 51), di essere ignoranti, o comunque di rifiutare i punti fondamentali del cristianesimo: “primo, il grande mistero, il Verbo fatto carne, e poi l’amore, che poggia sulla base dell’umiltà “.
Egli ha altresì sconfessato un buon numero di teorie neo-platonica che lo avevano in un primo momento tratto in inganno: egli aveva sempre rimproverato i platonici, come dice molto bene Schaff (Sant’Agostino, New York, 1886, p. 51), di essere ignoranti, o comunque di rifiutare i punti fondamentali del cristianesimo: “primo, il grande mistero, il Verbo fatto carne, e poi l’amore, che poggia sulla base dell’umiltà “.
Sant'Agostino d'Ippona
Verso l’inizio della Quaresima, 387, Agostino si recò a Milano e, con Adeodato e Alipio, prese il suo posto tra i “competentes”, venendo battezzato da Ambrogio il giorno di Pasqua, o perlomeno durante il tempo pasquale. Fu in quel momento che Agostino, Alipio, e Evodio decisero di ritirarsi in solitudine in Africa. Agostino rimase a Milano fino all’autunno, continuando a scrivere le sue opere: “Sulla immortalità dell’anima” e “Sulla musica.” Nell’autunno del 387, mentre stava per imbarcarsi ad Ostia, Monica morì. In tutta la letteratura non ci sono pagine più sentite rispetto a quelle in cui Agostino narrò il sentimento che lo legava alla santa donna e il suo dolore per la perdita della madre (Confessioni IX). Agostino rimase alcuni mesi a Roma, impegnato principalmente a confutare i manichei. Navigò verso l’Africa dopo la morte del tiranno Massimo (agosto 388) e, dopo un breve soggiorno a Cartagine, ritornò nella sua nativa Tagaste. Subito dopo esservi giunto, egli iniziò a vendere tutti i suoi beni e a dare il ricavato ai poveri. Lui e i suoi amici si ritirarono nella sua tenuta, che era già stata venduta, per condurre una vita comune in povertà, in preghiera e studiando le Sacre Scritture. Il libro delle “Domande LXXXIII” è il frutto delle lezioni, tenute in questo ritiro, durante il quale egli ha anche scritto il “De Genesi contra Manichæos”, il “De Magistro,” e il “De vera religione”.
Agostino non pensava di diventare sacerdote: per paura di essere eletto vescovo, addirittura fuggiva dalla città in cui si teneva l’elezione. Un giorno, dopo essere stato convocato ad Ippona da un amico la cui salvezza dell’anima era in gioco, stava pregando in una chiesa quando la gente improvvisamente si riunì intorno a lui, e pregò Valerio, il vescovo, di nominarlo sacerdote. Nonostante la sua ferma opposizione, Agostino fu costretto a cedere alle loro preghiere, ed venne ordinato nel 391. Il nuovo sacerdote considerò la sua ordinazione come un ulteriore motivo per riprendere la vita religiosa a Tagaste. Egli ottenne da Valerio che gli fossero messe a disposizione alcune proprietà della Chiesa, per permettergli di fondare un monastero. I cinque anni del suo ministero sacerdotale furono molto fecondi; Valerio gli concesse la facoltà di predicare, nonostante in Africa solo i vescovi potessero farlo.
L’8 ottobre del 393 Agostino, durante il Consiglio Plenario d’Africa presieduto da Aurelio, vescovo di Cartagine, venne obbligato a comporre un discorso che in seguito divenne il trattato “De fide et symbolo”.
L’8 ottobre del 393 Agostino, durante il Consiglio Plenario d’Africa presieduto da Aurelio, vescovo di Cartagine, venne obbligato a comporre un discorso che in seguito divenne il trattato “De fide et symbolo”.
Nel 395 fu nominato vescovo coadiutore di Ippona (assistente con diritto di successione alla morte del vescovo attuale), e divenne vescovo poco dopo. Rimase in carica fino alla sua morte nel 430. Pur avendo lasciato il suo monastero, continuò sempre a condurre una vita monastica anche nella residenza episcopale.
Poco prima della morte di Agostino, l’Africa romana fu invasa dai Vandali, una tribù guerriera. Essi arrivarono nella primavera del 430 ad assediare Ippona, e durante quel tempo Agostino si ammalò gravemente per l’ultima volta.
Possidio ci narra che uno dei pochi miracoli attribuiti a S. Agostino ha avuto luogo proprio durante l’assedio. Mentre Agostino era costretto a letto malato, un uomo venne a lui pregandolo di guarire un suo parente. Agostino rispose che se avesse avuto il potere di guarire i malati, lo avrebbe sicuramente usato su se stesso. Il visitatore, però, gli disse che gli era stato detto in sogno di recarsi da Agostino. Sentito questo, il vescovo di Ippona impose senza indugio le mani sul malato, che guarì immediatamente.
La morte di Agostino avvenne il 28 agosto 430, durante l’assedio di Ippona da parte dei Vandali. Agostino trascorse i suoi ultimi giorni nella preghiera e nella penitenza, chiedendo che i Salmi penitenziali di David fossero appesi alle pareti della sua stanza, così che lui li potesse leggere.
La tradizione indica che il corpo di Agostino fu poi trasferito a Pavia, dove si dice sia ubicato ai giorni nostri. Un’altra tradizione, invece, sostiene che i suoi resti siano stati trasferiti a Cagliari (Karalis) in una piccola cappella alla base di una collina, sulla cui sommità si trova il santuario di Bonaria.
https://www.padridellachiesa.it/santagostino-di-ippona/

Per quanto riguarda le opere, Agostino fu un autore particolarmente prolifico vista la grande varietà di scritti che ha lasciato: autobiografici, filosofici, morali, polemici, apologetici, epistolari, sermoni e anche poesie. Vediamo le opere più importanti di sant’Agostino.
Autobiografia e corrispondenza
- Le Confessioni, intorno al 400;
- Le Retractationes (Ritrattazioni), tra 426 e 428;
- Le Epistolae (Lettere);
Opere filosofiche
- Contra Academicos (Contro gli accademici);
- De beata vita (La vita beata);
- De Ordine (L’ordine);
- Soliloquia (Soliloqui)i;
- De immortalitate animae (L’immortalità dell’anima);
- De Magistro (Il maestro);
- De Musica (La musica).
- La città di dio.
Ci sono poi tutta un’altra serie di opere tra scritti apologetici, scritti esegetici e controversie.
https://www.sololibri.net/sant-agostino-vita-opere-pensiero.html

Il pensiero di sant’Agostino è molto articolato e tocca tantissimi temi. Tra i tanti, il problema del peccato e della Grazia come unica via di salvezza. Va contro il manicheismo, la libertà dell’uomo, la negatività del male e il carattere personale della responsabilità etica. Secondo il suo pensiero il contatto con Dio può avvenire solo nell’intimità della coscienza di ognuno ed è proprio lì che si possono trovare certezza e fede necessarie per superare il dubbio scettico.
Nelle Confessioni Agostino narra la storia della sua conversione gettando le basi del suo pensiero. Per lui l’uomo non è capace di orientarsi da solo. Ciò che può guidarlo è solamente l’illuminazione di Dio, a cui deve obbedienza sempre poiché solo in questo modo potrà trovare la giusta via nella vita. Per comprendere appieno come il pensiero di sant’Agostino si evolve nel corso della sua vita è bene leggere Le Retractationes, opera scritta a fine vita che rivede e riesamina tutti i lavori precedenti spiegando come sono nati e si sono sviluppati.
Sant’Agostino ha meritato il titolo di fondatore del pensiero occidentale analizzando il concetto di trinità e fondando le basi della sua dottrina sull’illuminazione divina che viene dall’analisi dell’interiorità di ognuno. Il suo operato può essere definito come una sintesi organica del pensiero cristiano in seguito a quattro secoli di dibattiti e controversie di ogni tipo. Secondo sant’Agostino il centro di tutto è il rapporto tra fede e religione, tra quella che è la rivelazione divina e la ricerca filosofica.
La ricerca di Agostino termina quando si trova la fede, vista come destinazione e non come partenza. Trovarla, però, è difficile: la ricerca non può limitarsi al semplice credere, deve esplorare tutte le difficoltà che la fede comporta e non schivarle; si tratta di un fronteggiare i dubbi costantemente. Il mistero della fede diventa un punto di riferimento per raggiungerla, l’accettazione del fatto che per capire è indispensabile avere fede proprio come se ci fosse una luce che indica il cammino.
Per avere una fede salda, secondo Agostino, è importantissimo comprendere, ovvero filosofare. La ragione è ciò che completa la fede: la alimenta e la rafforza, non la elimina. La ragione opera come chiarificatrice della fede.
La fede, dal canto suo, non va ad ostacolare lo sviluppo della ragione perché non impone all’uomo di credere a cose totalmente assurde ma, al contrario, stabilizza il sottile equilibrio che col tempo è andato formandosi. Per sant’Agostino la sua impronta mistica e religiosa non intralcia in alcun modo la ricerca e, anzi, le dà valore.
La fede, dal canto suo, non va ad ostacolare lo sviluppo della ragione perché non impone all’uomo di credere a cose totalmente assurde ma, al contrario, stabilizza il sottile equilibrio che col tempo è andato formandosi. Per sant’Agostino la sua impronta mistica e religiosa non intralcia in alcun modo la ricerca e, anzi, le dà valore.
https://www.sololibri.net/sant-agostino-vita-opere-pensiero.html
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